Rimanendo nella zona compresa tra via Immacolata e Largo Chiesa è possibile notare la presenza di una strada moderna, ancora oggi chiamata “stramurale”, correttamente denominata via Muraglie, a testimonianza della sua antica collocazione esterna alla cinta muraria di Felline. Questa strada, che oggi porta ad Alliste e che fu progettata nel 1874 per essere poi realizzata tra il 1875 e il 1876, in realtà ricalca l’antica via extramurale, che correva parallela a tutto il lato ovest della cinta fortificata. E’ curioso notare come ancora oggi questa via sia il limite occidentale del centro abitato, vero e proprio limite tra il borgo e la zona “foranea” (fore in dialetto, ovvero spazio di demanio agricolo al di fuori dell’abitato).
Un tempo non era questa via a “chiudere” il paese ma proprio una cinta muraria, di cui oggi non rimane che qualche piccola porzione all’interno di alcune abitazioni risalenti al 1700 (si veda il ristorante “Il Muraglione”). In realtà, osservando l’assetto planimetrico attuale di Felline, è possibile ancora oggi osservare lo spazio un tempo incluso nelle mura e differenziarlo dalle espansioni di età moderna e contemporanea.
IL PERCORSO: Cercando di ripercorrere il corso della difesa fortificata possiamo dire che esso, partendo dalla zona di Largo Chiesa e via Corcefisso, si sviluppava parallelamente all’attuale via Immacolata per poi ripiegare in direzione Nord Ovest fino all’attuale Largo Santa Lucia, dove si trovava la porta urbica più importante (Porta Maggiore, Porta S. Lucia o Porta Grande). Qui si congiungeva con le fortificazioni del Castello baronale e proseguiva in direzione Nord Ovest su via Alliste fino all’incrocio con via Edificio Scolastico, per arrivare, in direzione Sud Ovest, fino alla via Muraglie.
Gli unici luoghi in cui poter studiare la strutturazione delle fortificazioni sono il suddetto ristorante “il Muraglione”, lo studio d’arte della Dott.sa Simonetti in Piazza Caduti e seppur in modo assai più modesto, alcune abitazioni site in via Immacolata.
Si può affermare che, almeno nel tratto che andava da via Immacolata a Largo S. Lucia, sulla sommità del muro vi fosse un camminamento che giungeva fino allo spazio soprastante Porta S. Lucia e sulla balconata del Castello. Sempre nelle zone in cui è possibile ancora oggi studiare la struttura, si può notare la base particolarmente solida e ampia: la sezione, in alcuni punti, secondo il Prof. Ciriolo, arrivava a misurare 12 m, e tra le cortine esterne in blocchi di carparo locale (calcare conchilifero) vi era un riempimento a sacco con terra e materiale di scarico di vario genere. Nella parte esterna, sempre nello stesso ambito, a ulteriore protezione delle mura, si trovava uno stretto fossato, la cui esistenza è stata documentata durante i lavori di restauro dei locali in Largo S. Lucia.
Porta Maggiore era la porta principale delle mura di Felline, quella che conduceva a Piazza del Castello, vero e proprio luogo pubblico di rappresentanza e adunata del paese. Oggi la porta non esiste più, è stata demolita negli anni ’50, ma ne esiste una descrizione dettagliata in “Il Basso Salento tra Medioevo e primo Novecento” di E. Ciriolo, che riporta la testimonianza di Don Cosimo Conte, Arciprete di Felline negli anni della distruzione della porta: “il fornice della Porta Maggiore con gli affreschi di epoca bizantina ritornati alla luce proprio nella circostanza della demolizione. Raffiguravano, in tre distinti riquadri di m 2,30 per m 1,30 ciascuno: a) il patrono S.Leucio con il cartiglio “Salve optatus venis” (salve, vieni in pace persona gradita) b) S. Marco evangelista con cartiglio non più leggibile c) una battaglia tra soldati a cavallo armati di corazza, elmo, sciabola e scimitarra. La diversità delle armi poteva alludere ad uno scontro, peraltro non nuovo intorno alle mura di Felline, tra cristiani e pirati turcheschi.”
Altra testimonianza demolita è un torrione posto proprio nelle vicinanze della chiesa Parrocchiale detto Torrione di S.Leucio e la contigua pusterla (piccola porta posteriore, porticeddha in dialetto locale), che conduceva alla piazza principale attraverso via Pezzetti. Questa, come fa notare Ciriolo, era la porta attraverso la quale transitavano i contadini per esporsi nella piazza e attendere di essere chiamati dai proprietari terrieri come braccianti a giornata (me exposui in platea publica).
La terza porta, chiamata “Porta Terra”, si trovava nel versante nord delle mura, nell’attuale via Edificio Scolastico e conduceva in piazza Caduti (chiazza nova, così chiamata perché realizzata demolendo edifici privati del XVIII e XIX secolo).
Non sappiamo datare con esattezza il periodo di realizzazione della cinta muraria di Felline, possiamo soltanto affermare che esse erano già esistenti nel XVI secolo; ce lo dice la prima testimonianza storiografica che parla del borgo di Felline, l’ Apprezzo del Feudo di Felline di Battista De Martino, risalente proprio al Cinquecento.
Il fatto che i pochi resti delle mura si trovino all’interno di edifici ci induce a supporre che, almeno a partire dal XVIII secolo, gli abitanti del borgo non sentivano più l’esigenza di proteggersi all’interno delle fortificazioni, anzi, l’aumento demografico portò il paese ad estendersi all’esterno di esse, utilizzando le mura proprio come strutture di sostegno delle abitazioni private (come nel caso dell’edificio dove risiede oggi il ristorante “il Muraglione”).
La logica difensiva delle mura di Felline è testimoniata da due straordinarie fonti archivistiche: un testamento del 1547 e una fede di verità (testimonianza giurata) del 1551, anni in cui i Turchi, dilagando nel Salento con le loro incursioni piratesche, arrivarono a Felline.
Il testamento del nobile Grazio De Rinaldis, dice che egli è disposto ad accettare come legittimi eredi delle sue proprietà la figlia Margarita ridotta in schiavitù dai Turchi, sperando di vederla tornare dalla prigionia, ed eventuali suoi figli nati “in captivitate”.
La fede di verità invece ci riporta la testimonianza del sindaco e dell’arciprete di Felline delle schermaglie tra i pirati turchi e i fellinesi in prossimità delle mura, il 12 marzo del 1551; in questa occasione gli invasori furono respinti e si diedero al saccheggio delle masserie circostanti, provocando gravi danni e facendo numerosi prigionieri.
Le due fonti documentarie insomma ci fanno capire che la fortificazione del borgo non fu meramente simbolica ma dettata dalla necessità di proteggere gli abitanti dalle scorribande che questi territori vissero a partire dal XV secolo e per tutto il XVI secolo (almeno fino alla battaglia di Lepanto nel 1571).